lunedì 30 novembre 2015

ARMA INFERO - IL MASTRO DI FORGIA

.TITOLO: Arma Infero - il mastro di forgia

AUTORE: Fabio Carta

ARCHIVIO BIBLIOTECA GALATTICA - n. Ter/Sol/SEC-xxi/cat0121579ft78.

FONTE - Archivio dati eco-web-quanto-simpatico.

CATALOGAZIONE - Genere: Fantascienza, planetary romance.

DOC: - RECENSIONE

http://www.amazon.it/gp/product/B00XIX71Q2?keywords=arma%20infero&qid=1448890024&ref_=sr_1_1&sr=8-1
Tra gli archivi perduti della letteratura terrestre del XXI secolo, abbiamo recuperato, lodando come sempre l’impegno (non retribuito) dei nostri stagisti Tertulliani qui alla Biblioteca Galattica di Archaleon VII, un singolare titolo di fantascienza: Arma Infero, romanzo d'esordio dello scrittore terrestre italoromano Fabio Carta, primo libro di una saga Planetary Romance. Il quale può essere trovato ancora oggi, a distanza di più d'un secolo standard terrestre (debiti temporali esclusi), in qualche buona libreria della Bolla Locale.
Catalogato dalla Biblioteca Galattica come Fantascienza-Planetary Romance, è possibile acquistarlo tramite l'archivio dati eco-web-quanto-simpatico terrestre del XXI secolo terrestre in versione ebook cliccando sull'immagine a sinistra o cliccando qui.

INTRIGHI POLITICI E IDEALI CAVALLERISCHI DI UN OSCURO MEDIOEVO FANTASCIENTIFICO

Prendete un gruppo di cavalieri medioevali terrestri, modificategli la lancia in modo che diventi una terribile arma da fuoco e sostituite i loro destrieri con degli “Zodion”, giganteschi veicoli monoruota che vagamente richiamano delle cavalcature. Ora poneteli su Muareb il Vecchio, un pianeta lontano, desertico, solcato da canyon ed avvolto da un'atmosfera irrespirabile per gli esseri umani. A questo punto, immaginateli al centro degli intrighi politici di una società in in bilico tra il rinnovamento sociale ed economico e la guerra civile, intrighi che vedono contrapporsi antichi rancori e nuove alleanze, superstizioni, grandi ideali e burocrazia, desideri di cambiamento e privilegi secolari

Immagine rappresentativa dal film "The Lord Inquisitor: An Unofficial Warhammer 40,000 CGI Movie". Credit by thecolorless.net
Tutto questo all’ombra di un arsenale nucleare di immane portata e nuove tecnologie militari strategiche in grado di spazzare via quegli stessi cavalieri che, nonostante le loro incredibili dotazioni, risultano ormai obsoleti e inadatti ad una guerra che non prevede più il loro ruolo. Orfani delle loro battaglie, ormai solamente narrate nelle leggende, tali cavalieri vivono di gloria passata, prede delle suggestioni ispirate loro da politici senza scrupoli.



UN PO' DI BACKGROUND
Albrecht Durer, Il Cavaliere, la Morte, e il Diavolo, 1513
Leggendo Arma Infero si viene catapultati sulla superficie polverosa e soffocante di un remoto pianeta dimenticato da secoli dalla civiltà che ne ha fondato le colonie. La terraformazione di “Muareb il Vecchio” infatti, non è riuscita, ma nonostante questo, i coloni terrestri sono rimasti su questo mondo asfittico ed inospitale, a lottare contro le difficili condizioni di un pianeta non adatto all’uomo. Dopo un fallito tentativo di invasione aliena, ormai relegato nelle leggende, il pianeta è stato teatro di anni di guerre fratricide fino a giungere ad una sorta di equilibrio politico tra le varie fazioni del pianeta ora organizzate in feudi, signorie, città-stato, porti franchi e leghe mercantili. 
La storia di Arma Infero ci trasporterà tra le sabbie dei Calanchi, all’ombra del Krak, roccaforte di Dragan, a fianco dei cavalieri che ancora mantengono al sicuro i confini dai nemici dei territori della lega chiamata Falange. Per farlo, passeremo, attraverso la voce di Karan il maniscalco, tra gli oscuri recessi delle forge, dove vengono assemblati gli Zodion, i veicoli monoruota utilizzati dai cavalieri di Dragan come destrieri da battaglia. In questi luoghi conosceremo Lakon, misterioso alieno caduto dal cielo il quale diverrà il temuto e venerato "Martire Tiranno": colui che darà inizio all'apocalisse nucleare.

 

IL CICLO ARTURIANO E L'AMOR CORTESE

Sir Galahad di G. Frederic Watts - 1862
Uno stile ricercato e verosimilmente arcaico, con rarissime cadute di tono, ci farà assaporare al tempo stesso intrighi politici dal gusto rinascimentale e disquisizioni tecnico-fantascientifiche, battaglie in cui si fronteggiano la poetica guerriera dei cavalieri e la cieca distruzione delle armi nucleari, in un crogiolo ricco di significati e umane contraddizioni. Già, perché, a nostro parere, la forza di questo libro non sta solamente nell’accurato e certosino lavoro di costruzione di un mondo credibile, ma anche nel proporre personaggi altrettanto credibili ribaltando l’idea classica che si ha dei loro ruoli mostrandone i lati oscuri.
La maggior parte dei tanto osannati cavalieri ad esempio, non sono altro che lo spettro di quel che (forse) erano un tempo, ora occupati prevalentemente a sollazzarsi con gli agi che lo status di aristocratici conferisce loro ed a compiere razzie e scorribande che ben poco hanno a che fare con delle vere battaglie e con gli ideali di cui si riempiono la bocca. Tali individui, assieme al protagonista Karan sostenuto dall'amore ideale (cortese) per la dama Luthien, come accadeva ai cavalieri nei racconti del ciclo arturiano, partiranno alla “Cerca del Pagan”, una sorta di "ricerca del Graal", che sotto sotto scopriremo essere un pretesto per il protagonista per perseguire le sue aspirazioni personali di scienziato e cavaliere, ma che in realtà sembra invece essere un’abile mossa politica architettata dai signori di questa o quella terra per cercare di innescare la guerra civile.
I protagonisti di cui seguiremo le gesta dunque, non saranno i salvatori del mondo, bensì gli artefici della sua distruzione.
Sapere questo tuttavia, non ci distoglierà dal partecipare i loro sentimenti, a volte intolleranti, altre fanatici, altre ancora meschini. Non ci impedirà di essere sordi ai moniti dei saggi in favore di una soluzione apparentemente univoca della risoluzione delle ingiustizie, e non ci impedirà dunque, di rimanere a fianco dei cavalieri di Dragan, arroganti, spietati e guerrafondai, a gridare “Sorgi Falange!”, scoprendoci noi stessi, meschini quanto loro.

IL MESTIERE DELLE ARMI

Arazzo della Battaglia di Pavia di William Dermoyen, particolare. 1542 c.a. Credit by Wikipedia.

A motivo della sinistra sorte capitata al signor Giovanni De Medici i più illustri capitani e comandanti di tutti gli eserciti fecero auspicanza affinché mai più venisse usata contro l’uomo, la potente arma da fuoco.” 

Con questa citazione storica si conclude il film terrestre di Ermanno Olmiil mestiere delle armi”, una citazione che si riferisce alla morte del capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere, morto in seguito alla ferita causata da un pezzo di artiglieria durante una battaglia. Sulla Terra erano gli albori dell’utilizzo delle armi da fuoco e dell’artiglieria che rendevano ormai sorpassato l’impiego della cavalleria pesante. Il parallelo è d’obbligo in relazione con quanto raccontato nel libro di Carta, che vede contrapporsi armi nucleari alla tecnologia convenzionale della cavalleria.
Comunque sia, questo monito, che ancora a distanza di secoli risulta così tristemente amaro, continua ad echeggiare nel libro, un monito che rimarrà inascoltato, travolgendo tutto e tutti. E ciò a causa di una narrazione che non pone semplicemente i personaggi di fronte ad una scelta tra bene e male, ma davanti ad un variopinto e realistico intrico di ragioni ed ingiustizie, di soluzioni egoistiche e ideali confusi; un mondo, a nostro avviso, molto vicino a quello reale.

I PUNTI DEBOLI DI UN ESORDIO CON POTENZIALE
Il libro ha delle importanti lacune che lo allontanano, anche se non di molto, da un prodotto eccellente. Nella prima parte, e cioè dall’inizio sino a un confine non ben definito posto più o meno a metà del libro, l’autore si perde in lunghe disquisizioni e spieg(azi)oni che saranno ripetute più volte nel testo e, seppur scritte piuttosto bene, faranno verosimilmente arenare molti lettori delle regioni del quadrante Krotalus che abbiano meno di 2 cervelli, tendendo a suscitare una delle due reazioni seguenti: 1) l’abbandono del testo per dedicarsi ad altro; 2) una lettura “a salti” dei paragrafi. Benché ci sia un tentativo evidente dell’autore di “sciogliere” tali spiegazioni nel testo, l’operazione rimane vittima della sua inesperienza perché, sia per mole che per modalità, rimane preponderante e chiaro il loro ruolo di spieg(azi)oni. Comprendiamo l’esigenza di fornire al lettore gli strumenti per decodificare fin da subito un mondo sconosciuto complesso e vario, così come non si può non rimanere impressionati dal lavoro immane di definire in maniera verosimile ogni piccolo particolare di tale mondo, tuttavia, molte di queste spiegazioni tecniche si sarebbero potute risolvere con note a piè di pagina oppure con appendici alle fine del libro, dando l’opportunità al lettore di scegliere da sé se approfondire o meno la conoscenza delle tecnologie ed evitando di appesantire e/o spezzare il ritmo narrativo. Per quanto riguarda invece le parti narrative ridondanti ed eccessivamente spiegate, non resta all’autore che l’odioso ma doveroso “taglio” e/o rielaborazione, mentre il lettore che vorrà cimentarsi nella lettura di questo corposo romanzo, dovrà abituarsi allo stile e “occhieggiare le pagine e saltare” i paragrafi (se non può fare a meno di leggerli).
Tutto questo purtroppo, impedisce di definire il librocompleto ed equilibrato” in tutte le sue parti, malgrado la seconda parte sia quasi completamente scevra da tali problemi e diventi invece piacevole, intrigante, avvincente ed interessante.
Essendo un’opera prima e di una certa lunghezza, crediamo sia plausibile considerare l'eventualità che l’autore sia maturato durante la stesura, acquisendo più controllo sulla narrazione man mano che proseguiva nella scrittura. Sfoltito e alleggerito a dovere, questo romanzo siamo dell’idea che possa diventare un gran bel prodotto narrativo.
Per chi volesse leggere questo libro, dovrà quindi tenere conto di questi problemi nella prima parte ed avere fiducia nelle seconda parte: il libro è altamente godibile e non banale.
Altra pecca, relativa alla correzione delle bozze (e quindi non all’autore): vi è una quantità di refusi piuttosto nutrita.

Inspiration Sketch - © Davide Corsetti All Rights reserved.

CONCLUSIONI
Può essere che Arma Infero richiami per certi versi Dune ed altri romanzi di fantascienza, può essere che sia ancora un filo acerba sotto alcuni rispetti, tuttavia non si può negare che ci siano in questo romanzo passaggi scritti molto bene, storie appassionanti e tematiche interessanti. Siamo dell’idea che Fabio Carta abbia grandi potenzialità, così come le possiede questa saga appena agli inizi e, confidando nell’impegno dell’autore, nella maturazione di una capacità di “smaliziarsi” e di riuscire ad operare nei testi i necessari meccanismi narrativi e stilistici che lo separano dalla realizzazione di un’opera completa in tutti i suoi aspetti, speriamo vivamente nelle nostre ricerche qui alla Biblioteca Galattica di Archaleon VII, di trovare altre sue opere, ma soprattutto il seguito di questa interessantissima ed originale saga di fantascienza, che siamo sicuri ripagherà la nostra curiosità.

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